Stazione di Vanvitelli
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- Categoria: Luoghi
- Data pubblicazione
- Ilaria Sabatino
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La stazione della centralissima Piazza Vanvitelli, al Vomero, rappresenta un punto nevralgico del sistema di trasporto su ferro napoletano: la vocazione commerciale del quartiere, l'elevata concentrazione demografica, la rilevanza turistica dell'area di San Martino e l'interscambio con le tre funicolari che collegano il Vomero alla parte bassa della città ne fanno la più frequentata delle stazioni della Linea 1. Aperta nel marzo 1993 insieme alla prima tratta della linea, la vasta struttura sotterranea è stata sottoposta, all'inizio del 2005, ad una radicale operazione di restyling, che ha visto l'introduzione di opere d'arte, pannelli, mosaici e installazioni, trasformandola nella settima stazione dell'arte della metropolitana di Napoli. Sulla volta dello scalone di accesso ai binari, un'ampia spirale luminosa - opera di Mario Merz, rappresentante le geometrie legate alla sequenza di Fibonacci - si apre progressivamente davanti agli occhi dei passeggeri diretti ai treni. Giunti sul ballatoio del piano mezzanino, laddove si dividono le strade dei viaggiatori diretti verso Dante o Piscinola, la parete frontale presenta immagini fantastiche di animali preistorici, opera di Vettor Pisani; nella stessa area, le bocche di luce di Gregorio Botta si affiancano ai pilastri di sostegno della struttura. Percorrendo infine le scale per raggiungere i treni, l'accesso alle due banchine è adornato dai due grandi mosaici colorati di Isabelle Ducroit. Seguendo il percorso in senso inverso, in uscita dalla stazione, sulle lunghe scale mobili che dal piano binari conducono all'atrio incombono due grandi stelle di acciaio, opera di Gilberto Zorio. Giunti quindi nell'atrio, e varcati i tornelli, il viaggiatore in uscita è accompagnato lungo i corridoi laterali dalle foto di Gabriele Basilico e Olivio Barbieri, raffiguranti caratteristiche architetture della città, mentre l'area retrostante le scale è dominata dal grande masso che rompe il vetro, realizzato da Giulio Paolini.